Page 40 - Urasciek
P. 40
Ritornando a prora non notavo anomalie o segni di avarie.
Solo il pagliolato del quadrato ufficiali era cosparso d’acqua.
Presi la bandiera dal suo posto, in testa alla cuccetta del
Comandante e fattone un involucro col decifrante, che avevo
raccolto nell’acqua sul pagliolato, raggiunsi la garitta e,
prima di fuoriuscire, poggiai il tutto sulla coperta.
Successivamente spinsi l’involucro verso l esterno facendolo
cadere in mare per l’affondamento. Ero appena in ginocchio
in coperta quando fui catturato da un Ufficiale che mi aveva
colpito, qualche attimo prima, con un arma da fuoco, al
ginocchio destro e con un calcio alla parte posteriore del
capo. Imprecai contro quell’uomo e contemporaneamente
mi avvinghiai a lui nella speranza di cadere in mare insieme
a lui. Mi resi conto però dall’impedimento costituito dalla
ringhiera e dal fatto che proprio li sotto era ormeggiata la
motolancia inglese. L’Ufficiale stesso fece spostare l’ormeggio
del mezzo da quel punto al timone orizzontale di sinistra che
era abbattuto (forse per agevolare il mio trasbordo, giacché
aveva visto la ferita al mio ginocchio). Qui giunsero anche
l’elettricista Taroboiro ed il motorista Leonardelli,
gravemente feriti e prima che il mezzo scostasse si aggiunse
anche il nocchiere Gabrielli che aveva raggiunto, nel
frattempo, il battello a nuoto. Fui l’unico dei quattro ad
essere stato imbarcato sulla nave inglese e fui accolto con
inaspettato calore umano. Nell’infermeria fui soccorso con
molta cura e in particolare al mio ginocchio, mi furono
estratte piccole schegge metalliche dagli arti inferiori e
superiori, dal viso e dalla schiena e, mentre mi curavano. Mi
chiesero dati anagrafici. L’infermeria era sul cassero