Page 36 - Urasciek
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lavori agricoli nella zona circostante. Gli “irriducibili”
rifiutavano invece ogni forma di collaborazione; Iovino
raccontò poi di aver guardato con ammirazione i
prigionieri dell’altra metà del campo che “pur tra mille
difficoltà, continuavano a mantenere un comportamento
militare ed effettuavano ogni giorno l’alza e l’ammaina
bandiera”. Fu invece sorpreso quando un giorno, durante
il lavoro in una tenuta agricola fuori del campo, sentì una
voce femminile cantare “Funiculì funiculà”, canzone della
sua terra; non seppe mai chi era la donna che la cantava.
Rientrato in Italia nel 1948 (il che appare invero un po’
strano, dal momento che la maggior parte dei prigionieri
italiani, anche quelli detenuti in territori lontani come
l’India, furono rimpatriati entro il 1947), Iovino tornò alla
sua occupazione di operaio nel cantiere navale di
Castellammare. Passato poi alle poste di Napoli, sarebbe
deceduto nel 2005 all’età di 85 anni.
Finì prigioniero in Palestina, dopo un breve ricovero al
General Hospital della Valletta, anche il guardiamarina
venticinquenne Antonio Rizzo, da Taranto: alla sua
famiglia, dopo il mancato rientro dell’Uarsciek, il Ministero
della Marina aveva comunicato che egli doveva
“considerarsi disperso nel corso di un’azione di guerra”.
Poté tornare a casa dopo due anni di prigionia in
Palestina, sbarcando direttamente nella sua Taranto.
L’affondamento dell’Uarsciek nel racconto del superstite
Michele Caggiano (da www.anmi.taranto.it):