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qualche minuto, giunse alla conclusione che il mare ed il
vento avrebbero potuto spostare la Clio dalla sua
posizione, spingendola verso le mine, e che il mare era
troppo agitato perché il battello potesse essere di aiuto
ai naufraghi (più probabilmente avrebbe finito col
capovolgersi, come fecero tutte le imbarcazioni messe a
mare dall’Uragano). Alle 10, pertanto, ordinò alla Clio di
proseguire col convoglio, seguendo la Sirio nella scia,
mentre alle 9.55 (10.55 per altra fonte) comunicò a
Supermarina che il Saetta era affondato e che il vento ed
il mare forza 5 impedivano a qualsiasi unità di prestare
soccorso ai naufraghi di quella nave ed all’Uragano, che
ancora galleggiava; alle 10.05 richiese a Mariafrica
(Biserta) di inviare dei mezzi di soccorso il prima
possibile, richiesta poi reiterata alle 12.05.
Alle 13.04 Supermarina dovette ordinare alla Sirio di
proseguire la navigazione con tutto il convoglio: ulteriori
tentativi di soccorso avrebbero portato soltanto alla
perdita di altre navi.
L’agonia dell’Uragano, rimasta alla deriva in mezzo ai
campi minati, si protrasse per quasi quattro ore: soltanto
intorno alle 13.35 di quel triste 3 febbraio la torpediniera
colò infine a picco, portando con sé il suo Comandante,
che non l’aveva voluta abbandonare. Per il suo
equipaggio, 129 uomini, iniziava un’odissea analoga a
quella dei naufraghi del Saetta.
Questi ultimi, in quel momento, si trovavano in acqua già
da quattro ore. Franco Traverso, il Comandante in