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riuscirono a recuperare. Calava ora la seconda notte in
balia del mare; Traverso fece recitare di nuovo la
preghiera, e per tutta la notte i marinai remarono verso il
faro di Capo Bon, la cui luce fendeva l’oscurità
circostante. La notte tra il 4 ed il 5 febbraio fu più
tranquilla di quella precedente, dato che non c’era più
vento ed anche il mare si era calmato, ragion per cui la
zattera non si rovesciava più. Ad un certo punto il
Comandante in seconda del Saetta iniziò ad avere
qualche effimera speranza di poter davvero raggiungere
la terra, ma queste illusioni svanirono all’alba, quando il
vento girò a Scirocco ed iniziò ad allontanare sempre più
la zattera dalla costa tunisina.
Intorno alle otto del mattino del 5 febbraio, il vento girò
di nuovo e tornò a soffiare da maestra, facendo
nuovamente sorgere la speranza di poter raggiungere
Capo Bon; circa un’ora più tardi, Traverso avvistò un
aereo che volava a bassa quota nelle vicinanze, e lo
riconobbe come un Messerschmitt Bf 110. Fece allora
legare sul remo e sulla gaffa una camicia ed un paio di
mutande, che vennero usate per richiamare l’attenzione
del velivolo; il tentativo ebbe successo, e poco dopo
l’aereo tedesco sorvolò la zattera, mostrando di aver
visto i naufraghi. Il Messerschmitt si allontanò e tornò
alle 9.30 guidando sul posto un idrovolante italiano CANT
Z. 506, che prese a sorvolare a più riprese la zattera: c’era
ancora un po’ di maretta, ed il pilota stava valutando il
miglior modo per ammarare. Alle 9.45, infine,