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portava con sé a bordo della sua nave. Non furono più
rivisti.
Enea Picchio era giunto quasi al termine del suo periodo
di imbarco (22 mesi) e qualche tempo prima era stato
mandato in licenza dopo tanto estenuante servizio di
guerra (prima al comando della torpediniera Andromeda,
poi dello Strale ed infine del Saetta), ma aveva voluto
tornare a bordo “per tornare alla vita a me appropriata”,
come scrisse in una lettera, e per non scontentare il suo
equipaggio, molto attaccato al suo Comandante.
Considerato tra i più competenti ed esperti comandanti
di cacciatorpediniere Regia Marina (nelle parole del
capitano di vascello Aldo Cocchia, che lo aveva avuto alle
sue dipendenze in varie missioni di scorta: «…uno dei più
bravi, intelligenti e intrepidi comandanti di caccia che io
abbia mai conosciuto: a lui non era mai necessario dare
ordini o spiegazioni, sapeva sempre quel che doveva
fare, il posto che doveva prendere, come doveva
spostarsi, la manovra che doveva eseguire (…) veterano
di oltre 100 scorte, bravissimo ufficiale, modesto quanto
valoroso, marinaio esperto e combattente intrepido»), fu
decorato alla memoria con la Medaglia d’Oro al Valor
Militare.
Su 209 uomini che componevano l’equipaggio del Saetta,
scomparvero in mare il Comandante Picchio, altri 6
ufficiali, 30 sottufficiali e 133 tra sottocapi e marinai.