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Non era tra di essi il Comandante Enea Picchio. Sulle
esatte circostanze della sua morte sembrano esistere
notizie contrastanti; tra i naufraghi del Saetta che dopo il
salvataggio furono portati a Biserta ed interrogati tre
giorni più tardi, nessuno sapeva esattamente cosa gli
fosse successo. Il Comandante in seconda Traverso,
come visto più sopra, riferì nel suo rapporto che Picchio
rimase in plancia con lui fin quando questa non venne
raggiunta dall’acqua, e poi si gettò in mare
abbandonando per ultimo la nave; gli parve di averlo
visto in seguito a bordo di una zattera con altri naufraghi.
Il capitano di vascello Cocchia, che ebbe modo di parlare
con alcuni superstiti del Saetta portati all’ospedale
Torrebianca di Trapani, scrisse poi che dopo
l’affondamento “lo videro vivo ancora per alcune ore su
una zattera, poi non se ne seppe più niente…”. Alcuni
sopravvissuti dell’Uragano, interrogati, dissero di aver
visto dalla loro nave (che quando il Saetta affondò era
ancora a galla, distante solo duecento metri) il
Comandante Picchio «sulla plancia [del Saetta] nel
momento in cui affondava la nave, nell'atteggiamento del
saluto romano». Il sergente Egisto Ceppatelli, un altro
superstite del Saetta, avrebbe in seguito raccontato a dei
parenti che il Comandante Picchio era rimasto a bordo
del Saetta con l’intenzione di affondare con esso, ma che
per cause sconosciute era finito invece in acqua con gli
altri naufraghi; questi ultimi lo avevano visto allontanarsi
da loro, aggrappato ad un rottame galleggiante, insieme
al suo fido cane lupo che lo seguiva ovunque e che