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incitandoli a non abbandonarsi, ma col passare del
tempo molti si rassegnavano alla morte.
Verso le 15 sopraggiunsero sul luogo dell’affondamento
numerosi aerei italiani, tedeschi e della Croce Rossa, che
però, a causa delle proibitive condizioni del mare, non
poterono fare altro che lanciare nelle vicinanze dei
salvagente contenenti generi di conforto, che gli uomini
della zattera non riuscirono però a recuperare. Intorno
alle 16 la zattera di Traverso raggiunse un’altra zattera,
distante circa trenta metri, sulla quale parve a Traverso di
vedere il Comandante Picchio; al richiamo ad alta voce
dalla zattera di Traverso giunse in risposta un cenno di
saluto. Incitati da Traverso, i marinai cercarono di
avvicinarsi all’altra zattera, ma ancora una volta fu tutto
inutile, ed essa sparì alla vista dopo breve tempo.
L’ammiraglio Luigi Biancheri, Comandante di Mariafrica,
fece partire alle 16.20 da La Goletta (Tunisi) il
rimorchiatore Ciclope, per mandarlo in soccorso dei
naufraghi delle due unità affondate; dato il suo elevato
pescaggio e la sua bassa velocità, tuttavia, il Ciclope non
rappresentava la nave più indicata per raggiungere il
luogo del disastro con sufficiente celerità, né per operare
con sicurezza in zona minata. Come se non bastasse le
condizioni del mare, peggiorate di molto nelle ore
seguenti, indussero Supermarina, a mezzanotte, ad
ordinare al Ciclope di tornare in porto.
Il mare, intanto, continuava a mietere vittime tra i
naufraghi del Saetta. Quando calò la sera del 3 febbraio,