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di più» (ossia il Saetta, essendo l’unità col pescaggio
maggiore tra quelle presenti, era anche quella più a
rischio di urto contro mine), ma Tagliamonte non rispose
all’obiezione.
Al Comandante Picchio non rimase dunque che eseguire
l’ordine; dispose di avvicinarsi all’Uragano, ed ordinò al
Comandante in seconda Traverso di preparare il
rimorchio. Traverso, guardando l’immobilizzata Uragano
che, traversata al mare, scarrocciava verso i campi minati
italiani, situati un po’ più a sudest, commentò a Picchio:
“Qui va a finire che ci lasciamo le penne!”.
Picchio e Traverso si misero ad esaminare i
provvedimenti da adottare per poter attuare il difficile
rimorchio dell’Uragano con condizioni del mare tanto
avverse, ma alle 9.48 il Saetta – che, procedendo con prua
quasi perpendicolare alla direttrice di marcia, si era
frattanto quasi portato nella scia della Clio, e si trovava
circa 200 metri a poppavia dell’Uragano – venne scosso
da una tremenda esplosione, che lo spezzò in due. A
conferma della fondatezza dei timori del Comandante
Picchio, la nave aveva anch’essa urtato una mina
dell’Abdiel. (Per altra fonte il Saetta avrebbe urtato la mina
tre minuti dopo l’Uragano, il che significherebbe che l’urto
avvenne alle 9.41. La posizione era a circa 27 miglia per
60° dall’Isola dei Cani.).
Sollevati in alto dall’esplosione, i due tronconi ricaddero
in acqua ed iniziarono rapidamente ad affondare; mentre
una colonna d’acqua, nafta, fumo e vapore si levava nel
cielo per una cinquantina di metri, con uno schianto