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procedendo 1500 metri a proravia del convoglio. Per

            ordine del caposcorta, le unità procedevano piuttosto

            vicine le une alle altre; tra ogni colonna e le altre vi era

            una distanza di 300 metri (altra fonte parla di 500 metri).

            Monsone ed Uragano, moderne unità in servizio da pochi

            mesi, erano munite di ecogoniometro, ma il mare molto

            agitato da maestrale (forza 5-6), con le conseguenti forti

            rollate, creava grossi problemi al funzionamento di tali

            strumenti, come comunicarono alle 8.17. Il rollio

            generava infatti echi accessori, che disturbavano lo


            scandaglio acustico, e gli impediva di localizzare gli

            eventuali oggetti sommersi che si trovavano intorno alle

            navi: sommergibili ed anche mine.

            Il convoglio seguì inizialmente una rotta verso nord; tra le

            8.40 e le 9.26 il mare molto agitato da nordovest ed il

            vento forza 6 da maestrale provocarono forte rollio e

            scarrocciamento delle navi, che unitamente alla foschia

            impedivano di prendere il punto nave con sufficiente

            accuratezza. Si temeva che il convoglio potesse finire

            fuori rotta e capitare sui campi minati difensivi italiani (da

            rilevamenti eseguiti in seguito emerse che il convoglio

            era scaduto di un miglio verso est).

            Alle 9 del mattino la Thorsheimer comunicò che, a causa

            del mare burrascoso, avrebbe dovuto ridurre la velocità a

            circa 10 nodi. Alle 9.30 il convoglio accostò a dritta,


            assumendo una rotta verso Marettimo.

            Alle 9.38, poco dopo che il convoglio aveva cambiato

            rotta, l’Uragano urtò una mina nel punto 37°35’ N e

            10°37’ E (a 27 miglia e mezzo per 54° dall’Isola dei Cani,
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