Page 48 - Zara
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rispose nessuno; né ci fu risposta ad una sua nuova chiamata,
dopo qualche minuto, e neppure alla terza, delle 23.57, mentre
Parodi continuava a guardare il suo orologio con ansia
crescente.
Alle 23.59 Parodi prese la risoluzione di salire in coperta, ma
prima volle scendere a controllare gli esplosivi, anche per
aspettare un altro po’ nella speranza che giungessero
disposizioni. Giunto alla pompa dell’olio, vi scoprì il fuochista di
guardia Domenico Pansini, ed al condensatore il sottocapo
Sabbadini, pure di guardia, ed un altro fuochista. Tutti dissero
che erano rimasti ai posti in attesa di ordini; Parodi ordinò loro
di salire in coperta, redarguendo Pansini perché era sprovvisto
di salvagente (sebbene Parodi stesso, prima di riceverlo da
Quercetti, non lo avesse) e consegnandogli pertanto il suo,
nonostante l’iniziale rifiuto di Pansini. Dopo aver salutato, i tre se
ne andarono.
Parodi rimase lì per qualche altro minuto, indi tornò di nuovo sul
piano di manovra e vide che Pansini vi aveva lasciato il giubbotto
salvagente.
Salito finalmente in coperta, il capitano Parodi constatò che
lo Zara era sbandato sulla dritta di circa 6 gradi.
In batteria a dritta regnava il buio assoluto; Parodi lo illuminò
con la sua torcia e vide ovunque brande e diversi corpi, forse
morti, alcuni vicini agli stipetti di sinistra, altri accanto alla
murata. Passando attraverso il locale lavandini dei fuochisti,
Parodi giunse in batteria a sinistra, dove venne illuminato dal
fascio di luce di un’altra torcia: la teneva il comandante in
seconda Giannattasio. Parodi gli disse di essere appena salito
dalla sala macchine, non riuscendo a comunicare con il ponte di
comando, e Giannattasio gli disse “Avete fatto bene”, poi chiese
“Scendete nelle caldaie 1 e 2 e guardate se c’è rimasto qualcuno.
Mi risparmierete di andarci”. Parodi eseguì, e non trovò nessuno