Page 47 - Zara
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l’ordine di far saltare la nave al momento  opportuno; Parodi

            disse  che  sarebbe  rimasto  al  suo  posto  aspettando  ordini,  e
            Corsi concluse con un “Grazie”.

            A questo punto Parodi era completamente solo; prima c’erano

            stati con lui due o tre fuochisti, ma ormai anche loro erano
            andati via.



            Nel frattempo, venivano impartite ed eseguite varie disposizioni

            per tentare di affrontare la gravissima  situazione della nave.
            Uno dei problemi maggiori era causato dall’incendio della torre

            numero  1,  che  aveva  riempito  di  fumo  e  vapore  il  locale  del

            primo corridoio. Il comandante Corsi  ordinò di allagare il

            sottostante deposito munizioni per cercare di spegnere
            l’incendio. L’ordine venne regolarmente trasmesso dalla centrale

            al tenente Marchese, ma  non venne eseguito, perché il

            comandante             in     seconda,         capitano         di     fregata        Vittorio
            Giannattasio, riferì dell’esplosione della caldaia numero 5 e

            dell’immobilizzazione della motrice di prua, e disse che si stava

            preparando a far  saltare in aria la nave, giacché i danni erano

            ormai irreparabili e non restava che l’autoaffondamento.
            L’equipaggio dello Zara, rimasto in ordine ed  inquadrato dagli

            ufficiali, si prodigò per ore nelle operazioni di spegnimento dei

            violenti  incendi  scoppiati  a  bordo,  specie  a  prua  ed  a  centro

            nave;  benché  immobilizzato  e  privo  d’energia,  l’incrociatore
            seguitava  a galleggiare bene. Ma non ci  si  poteva  fare  illusioni

            sulla  salvezza  della  nave,  e alla  fine il  comandante  Corsi  e

            l’ammiraglio  Cattaneo  (che  era  rimasto  illeso),  di  comune
            accordo, decisero per l’autoaffondamento.



            Senza più anima viva e con tutti i macchinari fermi, in sala

            macchine regnava uno strano silenzio. Innervosito, alle 23.45 il
            capitano del Genio Navale Parodi telefonò in plancia, ma non
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