Page 50 - Zara
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Recatosi a poppa, Parodi incontrò di nuovo il capitano Quercetti
nei pressi del quadrato ufficiali; gli riferì l’ordine di Cattaneo,
quindi entrambi entrarono nel quadrato, presero tavole e sedie
e le buttarono in acqua, constatando che galleggiavano bene. In
quadrato c’era un gruppo di feriti, tra i quali il fuochista Battista
Nao, che chiese “Signor Parodi, credete che ci salveremo?” cui
quest’ultimo rispose “Certamente, ne sono sicuro”. Nao chiese
da bere, e Parodi sfondò la porta – già parzialmente divelta –
della vinicola e prelevò sette-otto bottiglie dai rottami, ne spaccò
i colli e diede da bere a vari feriti, dovendo aiutare alcuni di essi
a non ferirsi con le facce ustionate e le labbra gonfie e paonazze.
Uno di essi, quando Parodi arrivò a lui con il solo liquore rimasto
– del gin “Ersatz” – ebbe ancora la forza di lamentarsi della
qualità: “Che porcheria, non potete darmi un goccio di quello
buono?”.
Quercetti, sprovvisto di scarpe, aveva riportato qualche lieve
ferita ad un piede nel camminare sui vetri rotti. Parodi lo
condusse nella sua cabina, dove gli diede un paio delle sue
scarpe; poi entrambi si recarono in batteria a sinistra, presero
due grossi murali e li portarono in coperta, dove li buttarono in
mare da sottovento. Dato che lo Zara si spostava più
velocemente di questi galleggianti, quelli che non venivano usati
dai naufraghi rimanevano sottobordo, trascinati col fianco.
La maggior parte dell’equipaggio dello Zara si trovava già in
acqua; alcuni ufficiali (tra cui il sottotenente di vascello Beiamino
Celi, che si distinse in questa opera, il tenente di vascello
Giuseppe Fabrizio, il tenente di vascello Giovanni Battista
Arimondo, il sottotenente del Genio Navale Direzione Macchine
Dante Tomaselli ed il capitano Quercetti), con l’aiuto di marinai,
presero a lanciare delle cime ed issare così dei naufraghi a
bordo. Chi veniva ripescato appariva già in cattive condizioni,
semiassiderato. Parodi chiese se vi fossero stati dei feriti tra gli