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recenti ricerche da parte dello storico Francesco Mattesini,
autore di una monumentale opera su Capo Matapan, hanno
però evidenziato che le norme di Squadra contemplavano
un’eccezione a questa regola, in caso di condizioni pessime di
visibilità notturna. In questa evenienza, tali norme prescrivevano
che i cacciatorpediniere dovessero navigare – in singola o
doppia linea di fila – a poppavia delle navi maggiori, anziché a
proravia, perché in caso di incontro improvviso con unità
nemiche avrebbero dovuto essere le navi maggiori ad aprire il
fuoco per prime: l’articolo 68 della direttiva SM-11-S del gennaio
1936 disponeva che «All’approssimarsi della notte le Unità del
naviglio sottile che il C.C. [Comandante in Capo] intende far
navigare in unione con le unità maggiori, vengono inviate di
poppa alla formazione di queste, in unica e doppia linea di fila».
Era una vera assurdità, visto che gli equipaggi delle navi
maggiori – a differenza di quelli dei cacciatorpediniere – non
erano addestrati al combattimento notturno, e gli incrociatori
non erano muniti di cariche di lancio senza vampa per il tiro
notturno, e di notte viaggiavano con i cannoni per chiglia, del
tutto impreparati ad un’azione di fuoco; ma questo era
prescritto dalle regole, e Cattaneo vi si attenne.
Difatti Supermarina, nelle relazioni successive alla battaglia, non
diede peso alcuno al fatto che la IX Squadriglia si fosse trovata
dietro e non davanti agli incrociatori: a cominciare le polemiche
in merito fu l’ammiraglio Iachino, nel dopoguerra, il quale tentò
di diminuire la propria responsabilità del disastro attribuendolo
in parte ad errori commessi da Cattaneo.
E “pessime condizioni di visibilità notturna” descriveva alla
perfezione la notte 28 marzo, una notte priva di luna,
estremamente buia, con alcune nuvole che riducevano molto la
visibilità, soprattutto verso est. Ne consegue che Cattaneo non
infranse le regole, ma vi si conformò diligentemente, tenendo