Page 11 - Bande Nere
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una ferita grave, così come non lo era neanche un’altra
ferita che aveva riportato alla gamba destra, così
Piccinetti si tranquillizzò. Dopo qualche tempo – alcune
ore, secondo la sua stima – Piccinetti vide il cugino Ivo,
anch’egli imbarcato sul Bande Nere, in difficoltà perché
sprovvisto di salvagente; nuotando vigorosamente, lo
raggiunse e gli diede il suo, poi entrambi si aggrapparono
ad un rottame galleggiante per tenersi a galla. Poco dopo
li sorvolò un aereo italiano, che lanciò loro dei salvagente
individuali.
Il fuochista ausiliario Gino Fabbri, da Serra dei Conti
(Ancona), era stato chiamato alla leva nel settembre
1941, a vent’anni appena compiuti, ed era imbarcato
sul Bande Nere dal novembre di quell’anno. Al momento
del siluramento si trovava in una delle posizioni meno
invidiabili che si potessero immaginare in una
circostanza del genere: di guardia in sala macchine
(precisamente in quella di poppa, vicino al centralino
telefonico), nelle viscere della nave. Improvvisamente
sentì un’esplosione, e subito venne a mancare la luce;
muovendosi al buio, Fabbri seguì il suo capoguardia,
capo meccanico di terza classe Lino Giambastiani, che
poi sorpassò lungo la scaletta. Mentre Fabbri stava per
aprire la porta, intervenne un marinaio che la aprì, e
Fabbri lo spinse lungo la scala di dritta. Uscì finalmente in
coperta, emergendo vicino alla torre numero 3: mentre
saliva la scala, Fabbri sentì la seconda esplosione (quella
causata dal secondo siluro), che generò molto fumo, al
punto da impedirgli di vedere attorno a sé per qualche