Page 23 - Urasciek
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capì. La nave nemica sembrava allontanarsi in direzione
opposta a quella in cui si trovava l’Uarsciek; ripresosi dallo
stordimento, Caggiano strisciò lungo il ponte di coperta
fino al portello, in modo da non farsi vedere, scese
all’interno con la testa in avanti e raggiunse la camera di
manovra, deciso ad eseguire l’ultimo ordine del suo
comandante. Sottocoperta, però, non c’era più nessuno;
allora il sottocapo decise di fare da solo e si diresse verso
la camera di lancio poppiera. Lungo il tragitto, passando
nel locale motori, si rese conto che il motore elettrico di
sinistra, il cui telegrafo era rimasto in posizione di avanti
adagio, era ancora in funzione: non era una sua
impressione che l’Uarsciek fosse ancora in movimento. La
barra del timone era bloccata su 15 gradi a dritta. Per
prima cosa, Caggiano pensò all’autoaffondamento: pur
ferito alle mani, stornò i cappelli dei tubi lanciasiluri ed
aprì gli sfoghi d’aria. Dopo aver visto l’acqua di mare
entrare nella sentina, andò a staccare il coltello
dell’alimentazione elettrica al timone, fermò il motore
elettrico ancora in moto e bloccò le porte stagne
inserendo delle viti tra gli ingranaggi. Tornando poi verso
prua, non riscontrò anomalie o segni di avarie; c’era
soltanto acqua che ricopriva il pagliolato del quadrato
ufficiali. Trovato un decifrante sul pagliolato, lo raccolse e
raggiunse la cuccetta del comandante; qui trovò la
bandiera al suo posto, sopra la cuccetta, pertanto la
prese, l’avvolse intorno al decifrante e portò il fagotto
così realizzato in coperta, dove poi lo spinse in mare.