Page 25 - Urasciek
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ginocchio destro con un’arma da fuoco, e poi gli tirò un
calcio contro la parte posteriore della testa. Caggiano
imprecò contro l’ufficiale e cercò di avvinghiarglisi per far
cadere entrambi in mare, ma si accorse che proprio sotto
di loro c’era la motolancia del Petard, senza contare che
la ringhiera avrebbe comunque impedito il suo tentativo.
Venne così fatto prigioniero; l’ufficiale britannico ordinò
alla motolancia di spostarsi dal punto in cui si trovava al
timone orizzontale di sinistra, che era in posizione
abbattuta, e vi fece trasbordare Caggiano, il motorista Pio
Mario Leonardelli ed il sottocapo elettricista Sergio
Tarraboiro, entrambi feriti mortalmente. Prima che la
motolancia scostasse dal sommergibile venne raggiunta
anche da un nocchiere, Gabrielli, sopraggiunto a nuoto,
che fu preso a bordo.
Il marinaio silurista Catello Iovino avrebbe raccontato,
molti anni più tardi, che “il Petard non si fermò a
raccogliere i naufraghi temendo la presenza di un altro
sommergibile italiano, e [Iovino] sentì chiaramente che i
marinai inglesi apostrofano con il termine “fascisti” i
naufraghi. Alcuni di loro, feriti, si lasciarono andar a fondo
gridando “Viva l’Italia” e, qualcuno “Viva il duce””. Iovino,
dopo aver passato nell’acqua gelida quelle che a lui
sembrarono sei ore, venne recuperato da una lancia
del Vasilissa Olga e portato a bordo del cacciatorpediniere
ellenico; qui ricevette da mangiare da un marinaio greco
che parlava italiano, il quale gli chiese: “Perché dobbiamo
combattere tra noi?”. Domenico Di Serio, dopo aver