Page 26 - Urasciek
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passato nell’acqua quella che gli parve un’eternità, fu
recuperato da una lancia del Petard.
Mentre i 32 superstiti italiani venivano issati a bordo
del Petard e del Vasilissa Olga, i componenti del drappello
del tenente di vascello Nasmith penetrarono all’interno
del sommergibile per arrestarne l’autoaffondamento
(alcune fonti italiane attribuiscono invece il mancato
autoaffondamento ad una sopravvenuta avaria: di
“imprevedibile avaria” che arrestò il processo di
autoaffondamento parla "Navi militari perdute"
dell’USMM, così come Alberto Santoni che nel suo "Il vero
traditore" afferma che l’Uarsciek “non riuscì ad
autoaffondarsi per avaria del relativo apparato”, e Giorgio
Giorgerini che in "Uomini sul fondo" scrive che “la
manovra di autoaffondamento fallì per avaria del relativo
apparato”; un’altra fonte precisa che le valvole di
allagamento non si sarebbero aperte per via dei danni
subiti), ispezionarlo in cerca di cifrari od altri documenti
segreti.
La loro ricerca ebbe successo: al loro ritorno portarono
sul cacciatorpediniere un gran numero di cifrari, libri dei
codici e segnali ed altri documenti segreti trovati
sull’Uarsciek, tra cui delle mappe con la posizione dei
campi minati italiani e tedesch. (Queste ultime furono poi
sfruttate nell’aprile 1943, quando il Petard ed un altro
cacciatorpediniere, il Paladin, bombardarono il porto
tunisino di Susa – in mano alle forze dell’Asse – evitando i
campi minati ed i sommergibili in agguato grazie a quelle
mappe; secondo il libro "Fighting Destroyer – The story of