Page 12 - Folgore
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nave. La nave di Bettica continuò comunque a sparare finché
non si esaurirono le riservette di munizioni dei cannoni. A quel
punto, dato che i danni subiti e le perdite tra l’equipaggio non
permettevano di rifornire ulteriormente i cannoni dai depositi
munizioni principali, il Folgore cessò il fuoco.
Il malridotto cacciatorpediniere si trascinò ancora per venti
minuti alla notevole velocità di 27 nodi; la nave accostò per 340°
nel tentativo di dirigere verso Cagliari, porto italiano più vicino, e
si tentò in ogni modo di fermare o contenere il crescente
sbandamento (i tentativi di salvare la nave furono diretti dal
direttore di macchina, capitano del Genio Navale Mario
Valvason, e dal tenente del Genio Navale Berler), ma all’1.15
il Folgore era ormai sbandato di 20° a dritta, e l’acqua stava per
riversarsi negli osteriggi ed allagare l’interno dello scafo. Il
comandante Bettica si consultò con il direttore di macchina
Valvason, poi ordinò di fermare le macchine, far salire in coperta
l’equipaggio ed abbandonare la nave. Lui, invece, rimase a
bordo per seguire la sorte del suo cacciatorpediniere.
Così Aldo Cocchia, caposcorta del convoglio «H», ricordò la fine
del Folgore: “Il Fologore fece a un dipresso la mia stessa
manovra; partendo però da posizione più vantaggiosa della mia,
poiché era l’ultimo della formazione, riuscì ad arrivare sul
nemico più presto di me. Ci arrivò infatti dopo circa mezz’ora di
ricerca e ingaggiò brevemente il combattimento. Il capitano di
corvetta Ener Bettica, comandante del Folgore, non contò gli
avversari e non si perse in sottilizzazioni; apparteneva alla
scuola di coloro (ed erano tanti in Marina) che non conoscevano
altra tattica se non quella di dare addosso al nemico ad ogni
costo e attaccò col cannone, col siluro, con le mitragliere. Fu il
combattimento del Folgore a svelarmi la posizione delle navi
britanniche che io cercavo.