Page 5 - Attendolo
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un’altra ventina di aerei spuntò da dietro il Vesuvio, si
pensò che fossero altri Ju 52 il cui arrivo, come per i
precedenti, non era stato preannunciato. Le vedette non
vi fecero quindi molto caso; non fu dato l’allarme aereo, e
le batterie contraeree della DICAT (Difesa Contraerea
Territoriale) non aprirono il fuoco (lo fecero più tardi, ma
solo quando le bombe cominciarono a cadere).
Come se non bastasse, gli equipaggi delle navi erano
impegnati nella abituale cerimonia
dell’ammainabandiera, che aveva luogo verso le 16.40.
Folti gruppi di marinai, a bordo delle navi, erano radunati
sui ponti superiori, per tale cerimonia ed anche per
accogliere il cacciatorpediniere Camicia Nera, reduce
dallo scontro del Banco di Skeri (avvenuto due giorni
prima).
Il gruppo nuovo arrivato era una formazione di 27 B-24
“Liberator” della 9th Air Force dell’USAAF (precisamente,
th
th
del 98 e del 376 Squadron), provenienti dall’Egitto (con
scalo intermedio in Cirenaica per fare rifornimento);
soltanto in 16 giunsero sui cieli di Napoli, mentre gli altri
erano tornati indietro per problemi meccanici (una
formazione relativamente piccola, peraltro, rispetto a
quelle che avrebbero attaccato Napoli ed il Meridione nei
mesi a venire). Era il primo bombardamento statunitense
sull’Italia.
L’obiettivo dei “Liberator” altro non era se non il porto,
con le navi ivi ormeggiate. Solo alle 16.43, quando le
prime bombe iniziarono a cadere, venne suonato