Page 60 - Zara
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nave venire verso di loro, ma compresero che li avrebbe travolti;
Mazzella riuscì ad allontanarsi a nuoto con le sue ultime forze
(venne poi tratto in salvo, semiassiderato, da un’altra nave
britannica), ma D’Arco non ce la fece e venne risucchiato dalle
eliche della nave, scomparendo per sempre.
Mentre i soccorsi erano in corso, vennero avvistati alcuni
ricognitori tedeschi: temendo un imminente attacco della
Luftwaffe, alle undici le navi della Mediterranean Fleet
abbandonarono le acque al largo di Capo Matapan e diressero
per Alessandria, lasciandosi alle spalle centinaia di naufraghi
ancora in acqua. Cunningham inviò un messaggio in chiaro
all’ammiraglio Riccardi, informandolo della posizione dei
naufraghi e suggerendo l’invio di una nave ospedale veloce; il
capo di Stato Maggiore della Regia Marina rispose, anch’egli in
chiaro, «Vi ringrazio per vostra comunicazione. La nave
ospedale Gradisca è già partita ieri sera da Taranto alle ore 17».
L’indomani, alle 17.30, un idrovolante britannico in ricognizione
segnalò delle imbarcazioni cariche di superstiti 90 miglia a
sudovest di Capo Matapan, per cui fu inviato sul posto un
cacciatorpediniere greco, l’Hydra. Questi, nonostante le avverse
condizioni meteorologiche, recuperò altri 139 superstiti italiani
(dando la precedenza ai feriti), ossia 2 ufficiali e 137 tra
sottufficiali, sottocapi e marinai, dei quali dodici dello Zara, 104
del Fiume e 23 dell’Alfieri. I naufraghi raccolti dall’Hydra furono
sbarcati all’arsenale di Atene ed avviati alla prigionia nei pressi
della capitale greca (prigionia che sarebbe però stata di breve
durata, in quanto la Grecia si arrese all’Asse due mesi dopo, ed i
prigionieri furono liberati e tornarono in Italia).
Mentre il tempo passava, il numero dei naufraghi si
assottigliava. Il sole del primo giorno aveva scaldato molto l’aria,
inducendo molti dei naufraghi a spogliarsi; ma con la notte