Page 6 - Bombardiere
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morire qui, non occupatevi di me, pensate agli altri più

            giovani e più in gamba, io sono ferito e non ne vale la

            pena”.

            Le poche zattere erano sovraccariche, e molti uomini

            dovettero restare in acqua, aggrappati ai bordi. Tra di

            essi il direttore di macchina, capitano del Genio Navale

            Eugenio Amatruda, che dopo aver fatto il possibile per

            mettere in salvo i suoi uomini pur avendo una gamba

            spezzata da una scheggia, ed aver abbandonato la nave

            tra gli ultimi, morì durante la notte mentre era


            aggrappato ad uno zatterino. Era invece a bordo di una

            zattera sovraffollata il sottocapo elettricista Giovanni

            Peluso, che, mentre altri naufraghi cercavano di

            medicarlo, capì di stare per morire e disse loro di non

            perdere tempo e ributtarlo in mare per fare spazio sulla

            zattera a qualche naufrago che avesse più possibilità di

            salvarsi, tra quelli che erano aggrappati fuoribordo:

            “Muoio. Buttatemi in mare. Lo so che debbo morire. Date

            il mio posto ad altri. Ho la gamba rotta, non mi posso

            salvare”. Anche il direttore del tiro, il tenente di vascello

            Emanuele Revello, si sacrificò cedendo il suo posto sulla

            zattera sovraccarica ad un marinaio che era arrivato

            dopo di lui.

            Il direttore di macchina Amatruda, il direttore del tiro

            Revello, il capo di prima classe chiesa, il sottocapo


            Peluso, il tenente del Genio Navale Spartaco Amodio ed il

            marinaio elettricista Ermanno Fugolin furono tutti

            decorati con la Medaglia d’argento al Valor Militare, alla

            memoria.
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